Joseph de Maistre, pensatore europeo
Lezione tenuta l’11 maggio 2007
dott. Ignazio Cantoni
- La vita e l’opera
Joseph-Marie de Maistre nasce a Chambéry, in Savoia, il 1° aprile 1753, da François-Xavier (m. 1789), magistrato, e dalla nobile Christine Demotz (m. 1774), primogenito di dieci figli. Nel 1778 il padre viene creato conte per i servigi prestati al Regno. Riceve la sua prima educazione dai gesuiti, verso i quali nutrirà sempre una profonda devozione. Studia giurisprudenza a Torino e conclude gli studi nel 1772, quindi inizia nel proprio luogo natale la professione di giudice. Nel 1786 sposa la nobile Françoise-Marguerite de Morand, che gli darà tre figli. Entra a far parte, nel 1774, della loggia massonica di rito inglese dei Trois Mortiers, e nel 1778 si sposta in quella di rito scozzese rettificato della Parfaite Sincérité, appartenente alla corrente “calda” legata, fra gli altri, al pensiero del tradizionalista francese Louis-Claude de Saint-Martin (1743-1803). Egli intravvede nel ramo di questa massoneria un’élite con grandi potenzialità per la restaurazione cristiana del mondo, concetto che esprime nella Memoria al Duca di Brunswick, del 1782 — edita nel 1925 —, contro l’ala antireligiosa. Nel frattempo studia con grande attenzione la letteratura classica — in special modo Platone (427 ca.-347 ca. a.C.) e Plutarco di Cheronea (50 ca.-120 ca.) —, i Padri e i Dottori della Chiesa, la letteratura mistica e quella esoterica, nonché i filosofi moderni. Nel 1788 entra a far parte del Senato. Allo scoppio della Rivoluzione francese, nel 1789, egli intravvede in essa possibilità di riforme contro la deriva assolutistica dell’Ancien Régime; ma dopo la lettura della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, del 1789, e delle Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia, del 1790, dell’uomo politico anglo-irlandese Edmund Burke (1729-1797), il suo atteggiamento sarà di completo rifiuto. Il 1791 vede la fine dell’esperienza massonica di de Maistre. Nel 1792, in seguito all’invasione francese della Savoia, è costretto all’esilio in Svizzera, tra ristrettezze economiche. L’anno successivo vedono la luce le Lettere di un realista savoiardo ai suoi compatrioti; nel 1794 inizia la stesura del testo Della sovranità del popolo, incompiuto, che uscirà nel 1870. Fra altri pamphlet scritti in questo periodo, nel 1796 esce il testo che lo farà conoscere maggiormente, le Considerazioni sulla Francia. Finalmente, nel 1797, può rientrare in patria ove gli affidano, nel 1799, la direzione della Cancelleria a Cagliari. Nel 1802 il re Vittorio Emanuele I di Savoia (1759-1824) lo invia come plenipotenziario a San Pietroburgo dallo zar Alessandro I Romanov (1777-1825); a causa della disatrosa situazione delle casse del Regno, si deve separare dalla propria famiglia, che lo potrà raggiungere solo nel 1814. Qui egli, incompreso dai propri superiori, e nel quadro angosciante dell’invasione operata da Napoleone Bonaparte (1769-1821), svolge in seno alla corte un’attività culturale molto importante, che lo porterà a fermare riforme illuministiche in Russia, a favorire l’azione apostolica di gesuiti e la conversione di alcuni esponenti della nobiltà russa al cattolicesimo. Proprio un episodio fra questi segna la sua disgrazia presso lo zar, che chiede il suo rientro, avvenuto nel 1817. Del periodo russo sono da ricordare il Saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche e delle altre istituzioni umane, pubblicato nel 1814 dall’amico Louis-Gabriel-Ambroise visconte de Bonald (1754-1840), col quale, in questi anni, teneva un contatto epistolare; le Lettere sull’Inquisizione spagnola, edite nel 1822; e l’Esame della filosofia di Bacone, pubblicato nel 1836. Intanto attende alle Serate di San Pietroburgo o Intrattenimenti sul governo temporale della Provvidenza, suo capolavoro di filosofia e teologia della storia, che uscirà postumo nel 1821. A Torino, nel 1818, viene nominato — promoveatur ut amoveatur — Reggente della Grande Cancelleria del Regno; intanto incontra la realtà delle Amicizie Cattoliche, guidate dal venerabile Pio Brunone Lanteri (1759-1830). Nel 1819 pubblica il Del Papa. Gli ultimi anni sono segnati dall’indigenza nella quale è costretto a vivere, e dall’incomprensione di coloro per i quali aveva prodigato le proprie energie. Chiude la sua esistenza terrena il 26 febbraio 1821.
- La teologia della storia
Il punto di partenza del pensiero di de Maistre è che “[…] tutto ci riconduce all’autore di tutte le cose. […] tutto viene da lui, ad eccezione del male”. Pertanto, tutto il movimento della storia è guidato dalla mano infallibile della Provvidenza, con la quale gli uomini possono collaborare o alla quale possono opporsi — ultimamente invano: “Siamo tutti legati al trono dell’Essere supremo con una catena leggera, che ci trattiene senza asservirci”. Gli uomini, “liberamente schiavi”, “[…] operano secondo volontà e necessità insieme: fanno realmente quel che vogliono, ma senza poter disturbare i piani generali”. Da questi due assiomi derivano, per conseguenza, due corollari principali; che ogni ambito della realtà umana deve essere sottoposta in esplicito alla sovranità di Dio, pena il suo isterilimento e morte per mancanza di fonte e di alimento; e che tutto quanto accade, anche il male nel mondo, è governato e tollerato dalla Provvidenza per disegni a noi ignoti, disegni ai quali dobbiamo affidarci nell’umiltà e nella preghiera.
L’uomo, con il peccato originale, si è voluto allontanare dal proprio Principio, desiderando di essere, come Dio, creatore di tutto. Il male, così, è penetrato nel mondo e ha deturpato in noi l’immagine di Dio, precipitandoci dalla vetta della civiltà nell’abisso dell’infermità, dell’ignoranza e della colpa. Con Nostro Signore Gesù Cristo ci è stata offerta, grazie al Suo Sacrificio — la cui premessa universale, riconosciuta da tutti i popoli, è costituita dall’“[…] efficacia meravigliosa del sacrificio volontario dell’innocenza, che si offre spontaneamente alla divinità come vittima propiziatoria” —, la nuova vita, di cui la Chiesa è il segno visibile, e la cui dottrina è il ricongiungimento, a un livello compiuto, delle verità della Tradizione adamitica, che l’umanità pagana aveva corrotto.
Con la Croce, il male diviene, se accettato, salutare medicina per la nostra correzione. Sta all’uomo decidere se vuole mettersi alla sequela di Cristo con la propria croce, in cui il male è lo strumento dell’espiazione, oppure allontanarsi ancora di più, chiudendosi in un “autocastigo”, qual è ogni prefigurazione terrestre dell’inferno, inteso in senso pieno come lontananza da Dio.
- La teologia della politica
È quanto accaduto negli ultimi secoli all’Europa. Prima venne il protestantesimo, che volle, con orgoglio luciferino, eliminare ogni ordine gerarchico e ogni obbedienza nei confronti, soprattutto, del Sommo Pontefice, facendo trionfare la ragione individuale sulla ragione universale — nozione, questa, che ha più di una intersezione con il concetto di senso comune — tramite la dottrina del libero esame.
Ecco poi, l’avvento della conseguenza culturale di tale premessa: “Al principio del secolo scorso [il XVIII], coloro che il protestantesimo aveva abbastanza dirozzato, erano tutti apparecchiati all’empietà. Bayle [Pierre, 1647-1706] aveva alzato la bandiera, e da ogni parte si avvertiva un sordo fermento, una rivolta dell’orgoglio contro tutte le verità tradizionali, e una generale inclinazione a distinguersi per indipendenza e novità di opinioni”; fermento a cui aveva portato un grande contributo il filosofo e scienziato inglese Francis Bacon (1561-1626), con la sua separazione della scienza dalla teologia e dalla filosofia. È l’illuminismo, la cui radice profonda de Maistre chiama “teofobia”: “Osservate bene e la scoprirete in tutte le opere filosofiche del secolo diciottesimo. Esse non dicono apertamente: “Non esiste alcun Dio” […]; dicono invece: “Dio non è qui. Non è nelle vostre idee, le quali vengono dai sensi; non è nei vostri pensieri, i quali non sono che sensazioni rielaborate; non è nei flagelli che vi affliggono, i quali sono fenomeni fisici come gli altri, spiegabili attraverso leggi che conosciamo. Dio non pensa a voi; non ha fatto nulla per voi in particolare […]“”.
Infine, la deriva politica con le teorie del buon selvaggio, del contrattualismo, della sovranità popolare — in cui il re è consequenzialmente identificato come il Papa del mondo politico —, dell’individualismo negatore dei legami feudali, della ragione singola contro la “ragione nazionale”, sinonimo di tradizione. Per de Maistre, formatosi alla scuola della dottrina giusnaturalista medievale, è concepibile solo come atto superbo il tentativo di costruire le società e le sue costituzioni a tavolino nel pieno disprezzo delle radici religiose — “Ogni civiltà comincia dai sacerdoti, dalle cerimonie religiose, dai miracoli, non importa se veri o falsi” —, della storia secolare, se non millenaria, di una nazione, immaginando stati di natura fittizi e contratti sociali inesistenti. La polemica antimonarchica dell’illuminismo nasconde, con il sofisma dell’identificazione monarchia-sovranità — il vero bersaglio dei philosophes, che de Maistre identifica correttamente: “Sì, ogni sovranità viene da Dio; quale che sia la forma che riveste, non è affatto opera dell’uomo. Essa è una, assoluta, e per sua natura inviolabile. Perché ostinarsi contro la monarchia, come se gli inconvenienti che si prendono a pretesto per combattere questo sistema non fossero gli stessi di ogni forma di governo?”. Tale delirio di onnipotenza ha trovato la propria trasposizione fattuale nella Rivoluzione francese, fenomeno comprensibile solo attraverso categorie teologiche, insieme castigo per l’apostasia della Francia e occasione per Dio di ricavare misteriosi beni da un male indicibile.
- Vera e falsa restaurazione
La Restaurazione è stata per de Maistre solo di facciata: “Il problema agitato da ogni parte è questo: Trovare i mezzi per ristabilire l’ordine colpendo il meno possibile i rivoluzionari e i loro atti“, quando bisognava fare esattamente il contrario.
Con estremo realismo, egli si rendeva conto che “questa Rivoluzione non può finire con un ritorno all’antico stato di cose, che sembra impossibile, ma con la rettifica dello stato in cui siamo caduti”. E se “[…] la rivoluzione […] è satanica nella sua essenza”, essa “non sarà mai spenta totalmente se non dal principio contrario”, “[…] che bisogna soltanto liberare (è tutto ciò che l’uomo può fare); poi esso agirà da solo”. È il sereno, cristiano affidamento a Dio, che se ne ride dei miseri tentativi umani di ostacolarlo.
- La fecondità del pensiero
De Maistre è stato vittima di una demonizzazione da parte della cultura rivoluzionaria, che in lui ha visto poco più di un “apologista del boia”. Indubbiamente, il suo stile volutamente paradossale ha prestato il fianco a chi maliziosamente lo voleva bollare d’infamia, ma ciò è avvenuto solo grazie all’omissione sostanziale di passi non riconducibili a tali stereotipi. Tuttavia la sua grandezza non ha permesso di usare con lui, come con altri, l’arma della damnatio memoriae.
La profondità del suo pensiero, la sua potenza evocativa, i grandi affreschi storici e teoretici dell’”Ezechiele di Pietroburgo” hanno costituito feconda ispirazione in pensatori quali il servo di Dio don Antonio Rosmini Serbati (1797-1855), per il quale de Maistre è un “pensatore sublime”, e il pensatore e uomo d’azione brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), che al conte savoiardo esplicitamente si rifà.
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Per approfondire: Marco Ravera, Introduzione a il tradizionalismo francese, Laterza, Roma-Bari 1991; con antologia, Domenico Fisichella, Il pensiero politico di de Maistre, Laterza, Roma-Bari 1993, e Idem, Joseph de Maistre pensatore europeo, Laterza, Roma-Bari 1005. Oltre ai testi in trad. it. cui tali studi rimandano, vedi anche Lettera del Conte G. de Maistre al duca di Brunswick, in Vincenzo Francia, La Massoneria nel pensiero di un filosofo cristiano della fine del Settecento. Lettera del conte G. de Maistre al duca di Brunswick, Edizioni del Centro Studi Sociali, Napoli 1945, pp. 31-88; I meriti della Rivoluzione, in AA.VV., Pro e contro la Rivoluzione, Salerno, Roma 1989, pp. 277-372; Chiarimento sui sacrifici, Edizioni Biblioteca dell’Immagine, Pordenone 1993; Napoleone, la Russia, l’Europa. Dispacci da Pietroburgo 1811-1813, Donzelli, Roma 1994; Elogio dell’Inquisizione di Spagna, Il Cerchio, Rimini 1998; Scritti politici. Saggio su il Principio Generatore delle Costituzioni Politiche. Studio sulla Sovranità, Cantagalli, Siena 2000, e Cinque Paradossi, Solfanelli, Chieti 2005.