n. 65. Giugno 2022
Cari amici,
siamo giunti all’«ultima puntata» della conferenza che padre Immacolato Acquali — ora Ministro Generale dei Francescani dell’Immacolata — il 20 novembre 2021 ha pronunciato nella chiesa parrocchiale ferrarese di Santo Spirito sul tema della Regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo.
Nei mesi scorsi vi abbiamo proposto i testi — tratti dalla registrazione audio e non rivisti dall’autore — delle prime cinque parti, pubblicate tutte nel sito http://www.scuoladieducazionecivile.org nella sezione “IN HOC SIGNO”:
1. La natura teandrica della Chiesa
2. La struttura della cristianità
3. La nascita delle nazioni cristiane
4. Rapporti e conflitti tra Chiesa e stato
5. La secolarizzazione del mondo cristiano
Oggi vi inviamo il testo della sesta e ultima parte «Vivere la regalità di Cristo».
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padre Immacolato Acquali F. I.
20 novembre 2021 – chiesa di Santo Spirito – Ferrara
La regalità sociale
di Nostro Signore Gesù Cristo
6. Vivere la regalità di Cristo
Certo, un mondo dove tutti sono cattolici, dove la realtà pubblica è perfettamente ispirata dalle verità del Vangelo e cerca di tradurle in cultura — è questo che la Chiesa ha fatto sempre — è ovvio che è un mondo che tutti noi benediciamo, ma realisticamente è possibile, nell’incontro tra Rivelazione e libertà umana? Ci vorrebbe veramente un miracolo perché questo avvenisse, quindi c’è sempre un incontro tra la Rivelazione e la proposta cristiana e una libertà che può opporsi per malizia. Perché c’è anche questo: c’è gente che concepisce perfettamente la verità del cristianesimo e addirittura la combatte proprio per questo. Chi conosce meglio del demonio la Verità di Dio? Eppure la combatte, e ci sono esseri umani che si inseriscono in questa dinamica; c’è veramente un male di natura diabolica nel mondo, che soprattutto è forte nei grandi poteri che hanno una influenza sulla nostra vita.
C’è una dimensione di una persona che rifiuta Cristo perché non ha mai incontrato qualcuno che glielo proponesse in un modo che per lui potesse essere convincente, date le sue debolezze? Noi non lo sappiamo. Anche qui, stiamo attenti a non trasformare tutte le variabili del non abbracciare il cristianesimo nella prima che ho detto. Non sono tutte così. Tante persone oggi sono favorevoli al “gender” ma lo sono per motivi diversi; lo sono perché sentono solo quello? Lo sono perché sono state completamente plagiate dalla visione liberale e assoluta della libertà che va anche contro la verità della persona? Lo sono perché sono convinte invece, nella perfetta malizia della loro anima, in quello che propongono?
Abbiamo davanti un compito complesso, molto complesso. Quindi per vivere la dimensione della regalità di Cristo abbiamo bisogno innanzitutto di ottimismo. Se parliamo di un Re, parliamo di un Re che ha già vinto. Gesù è Re per diritto divino. Gesù è Re, ci ricorda Pio XI, per diritto di conquista, conquista che è già avvenuta. Non è una battaglia che si deve combattere: “Io ho vinto il mondo” quindi è Re perché ci ha riscattato a prezzo del suo sangue, quella è una vittoria. E certamente deve diventare re anche per diritto di elezione nostra. Redenzione oggettiva: Gesù è Re. Redenzione soggettiva: dobbiamo farlo diventare noi re, e quello è il cammino della nostra santità.
Che armi abbiamo per vivere la regalità di Cristo? La letizia e l’ottimismo cristiano, anche se siamo in un contesto veramente molto difficile e complicato non dobbiamo mai cadere nel pessimismo. I nemici che abbiamo davanti non sono più forti di noi; sono molto più deboli di quanto noi pensiamo, non facciamoli più forti di quello che sono.
Non tutti sono uguali, di quelli che non la pensano come noi; dobbiamo anche avere una “santa furbizia” di saper distinguere perché non aderiscono alla verità che noi proponiamo e saper trovare anche la parola giusta per ciascuno di loro, saper anche capire che cosa può spingerlo. Può essere per esempio lo scandalo che la Chiesa ha in tanti suoi membri, ed è cronaca di ogni giorno, che anche noi, pur custodi di una verità assoluta, abbiamo un po’ creato, ma la nostra testimonianza non sempre è all’altezza della verità.
Questo non è un motivo, perché il non aderire a Cristo non può mai avere una ragione, solo ecco dei motivi, non delle ragioni, ma dobbiamo tenere presente anche questo, quindi dobbiamo avere tanta pazienza, tanto ottimismo, tanta fiducia in Dio e tanta consapevolezza che non c’è “uno più uno uguale a due”: è invece un’arte, cioè è una sfera nella quale noi, nella nostra volontà di santificarci radichiamo il bene al massimo che possiamo nel contesto concreto in cui noi andiamo ad operare.
È lì che sta il compito che spetta a noi di trasformare, di prendere quella regalità che è l’analogato principale a quella eterna di Dio e, attraverso la nostra appartenenza ecclesiale, aiutare noi stessi e il mondo a partire da un fine terreno per arrivare al fine soprannaturale. Per fare questo abbiamo bisogno della dimensione sociale che ovviamente non dobbiamo mai scordare, mai negarla, ma dobbiamo capire che per viverla bene c’è bisogno di una grandissima capacità di discernimento, una grandissima capacità di non ricercare spiegazioni che sono troppo automatiche, perché questo crea più problemi di quanti ne risolva a causa della debolezza e della vulnerabilità degli esseri umani.
Anche perché il soggettivismo oggi quasi assoluto che noi incontriamo nel nostro cammino di apostolato, di proposta, è un soggettivismo che ahimè è partito proprio dalla nostra cultura: il “soggetto” è stato scoperto nel mondo a opera del cristianesimo; la “persona” nasce nel cristianesimo, con la sua soggettività unica e irripetibile è figlia della nostra cultura. Abbiamo noi partorito un po’ quello che può diventare quella che oggi è una verità totalmente impazzita: il soggetto che arriva fino al punto di negare la natura dalla quale egli stesso proviene, l’Amore dal quale egli stesso è stato creato, che rifiuta la Provvidenza che lo guida. Ecco questo è il mistero della libertà.
Grande mistero che con il nostro sforzo ci prefiggiamo di redimere sempre di più e di portarlo nell’alveo della regalità del nostro Salvatore.
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Ad maiorem Dei gloriam et socialem