88. maggio 2024

23. Maggio 2024 IN HOC SIGNO 0

Nell’ambito della Iniziativa San Maurelio, che si tiene nella sede di Alleanza Cattolica in Ferrara ogni lunedì sera, il 20 maggio 2024 si è parlato della Dichiarazione Dignitas infinita, il recente documento del Dicastero per la Dottrina della Fede.

Pubblichiamo in questo numero di IN HOC SIGNO una corposa sintesi della relazione di Chiara Mantovani.

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Introduzione di Massimo Martinucci

La Dichiarazione Dignitas infinita è un recentissimo documento (datato 2 aprile 2024 e pubblicato in marzo) emesso dal Dicastero per la Dottrina della Fede, scritto dunque da una Commissione pontificia, firmato da un Cardinale e approvato dal Papa. Quindi pienamente un documento magisteriale.

Perché ricordarlo? Il fatto è che in larga parte del mondo cattolico è in discussione la questione del grado di autorevolezza che va attribuita ai vari documenti: dai pronunciamenti dei dogmi e le lettere encicliche, che sicuramente occupano il gradino superiore, ai documenti delle commissioni e dei dicasteri, che una volta approvati sono pienamente parte del Magistero della Chiesa.

Anche nella Dignitas infinita, come purtroppo spesso è successo nei documenti degli ultimi anni, c’è un certo spazio di interpretazione (diciamo così) in alcuni passaggi, per cui le ambiguità — vere o presunte: c’è chi le vuole trovare a tutti i costi — alimentano un atteggiamento che tende a sminuirne tutto il contenuto, anche le parti chiarissime e inequivocabili.

Da una parte i progressisti — che da anni fanno di tutto per approfittare di queste ambiguità (sia quelle vere che quelle presunte) — hanno sùbito messo in rilievo alcuni aspetti tacendone altri che sono preminenti nel documento e che ribadiscono la dottrina tradizionale in modo molto netto, per cui poi hanno preferito calare il silenzio su tutta la Dichiarazione.

Dall’altra parte ci sono coloro che pare scrutino ogni possibilità di ambiguità, amplificandola ed ergendosi a difensori della dottrina, ignorando sistematicamente o sminuendo quello che invece è molto esplicitamente e inequivocabilmente dichiarato, e che è in continuità con tutto il Magistero precedente.

Quel che serve accostandosi a questi documenti è dunque un auspicabile ritrovato equilibrio, che non significa compromesso, né accettazione di scivolamenti nella dottrina né discontinuità con il Magistero perenne; un ossequio doveroso e un atteggiamento di fiducia nella santa Chiesa anche in questa nostra epoca un po’ confusa.

In questo atteggiamento accostiamo la relazione di Chiara a presentazione della Dignitas infinita.

 

Sintesi della relazione di Chiara Mantovani

Molti documenti magisteriali si occupano di dignità umana. La Congregazione per la Dottrina della fede è il Dicastero che forse più e prima di ogni altro è direttamente collegato con il  Santo Padre. Sempre questa autorità è stata ampiamente citata come una fonte autorevolissima, non si può onestamente cambiare ora opinione in proposito. È sempre lecito richiamare i principi immutabili e tramite questi leggere eventuali punti controversi… è l’ermeneutica della continuità della dottrina, che non deve essere vista come un escamotage bensì, al contrario, come l’unico metodo di legittima analisi dottrinale.

Nella Dichiarazione sulla liberà religiosa Dignitatis humanae sul diritto della persona umana e delle comunità alla libertà sociale e civile in materia di religione, del 7 dicembre 1965, si legge:

«Nell’età contemporanea gli esseri umani divengono sempre più consapevoli della propria dignità di persone e cresce il numero di coloro che esigono di agire di loro iniziativa, esercitando la propria responsabile libertà, mossi dalla coscienza del dovere e non pressati da misure coercitive. Parimenti, gli stessi esseri umani postulano una giuridica delimitazione del potere delle autorità pubbliche, affinché non siano troppo circoscritti i confini alla onesta libertà, tanto delle singole persone, quanto delle associazioni.

Inoltre il sacro Concilio, trattando di questa libertà religiosa, si propone di sviluppare la dottrina dei sommi Pontefici più recenti intorno ai diritti inviolabili della persona umana e all’ordinamento giuridico della società».

La Istruzione Dignitas personae su alcune questioni di bioetica, dell’8 settembre 2008, comprende tre parti: la prima richiama alcuni aspetti antropologici, teologici ed etici di importanza fondamentale; la seconda affronta nuovi problemi riguardanti la procreazione; la terza prende in esame alcune nuove proposte terapeutiche che comportano la manipolazione dell’embrione o del patrimonio genetico umano.

Veniamo alla Dignitas infinita, iniziando dalle due parole del titolo. Questa dignità è detta “infinita” rimandando a un saluto di san Giovanni Paolo II a un gruppo di persone disabili in Germania nel 1980. «Dio – egli disse – ci ha mostrato con Gesù Cristo in maniera insuperabile come egli ama ciascun uomo e gli conferisce con ciò una dignità infinita (unendliche)». L’aggettivo “infinito” potrebbe suonare inappropriato se riferito a una realtà umana che, per sua natura, è limitata, ma la dignità umana risulta infinita perché è radicata nell’amore benevolo di Dio rivelato in Cristo: questo è il polo dell’infinito. Essa è infinita anche perché senza confini, sconfinata e incondizionata, ed è infinita perché è un dono di Dio che diventa compito inesauribile, mai del tutto compiuto, compito infinito, appunto, per ogni uomo e ogni donna di buona volontà.

Idea guida del documento è la persuasione che non si possa sostenere efficacemente il  rispetto per ogni essere umano senza una adeguata illustrazione di che cosa sia la dignità e senza l’onesto riconoscimento delle situazioni concrete che la violano, la denigrano, la disconoscono, la  strumentalizzano.

Scopo dichiarato, infatti, delle prime tre parti è quello di «offrire importanti chiarimenti che possono evitare le frequenti confusioni che si verificano nell’uso del termine “dignità”».

Accanto alla prima parte – luminoso compendio, anche grazie alle sue note, del  maturare teologico del concetto stesso di dignità umana, dalle citazioni scritturali al magistero del  Concilio Vaticano II, dei Pontefici santi come Giovanni XIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II nonché di Benedetto XVI e fino ai teologi di fine ‘900 – papa Francesco ha esplicitamente richiesto che la Congregazione lavorasse a una parte per così dire analitica, esplicativa delle situazioni concrete che hodie sono poste davanti alle coscienze dei contemporanei.

Già nei documenti del Concilio Vaticano II, in un passaggio testualmente riportato da Giovanni Paolo II in Evangelium vitae, era affermato che si oppone alla dignità umana «tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario». È un attentato altresì alla nostra dignità «tutto ciò che vìola l’integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le costrizioni psicologiche». Ed infine «tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili».

In questo recente documento va letto con particolare attenzione il paragrafo 9: pietra angolare per tutte le controversie di ambito bioetico, nell’auspicio che sia definitivamente zittito – almeno in casa cattolica – lo strumentale dilemma della qualità di vita. Così come al n. 25 cadono le pretestuose moltiplicazioni dei “nuovi diritti”, nel 28 emerge la sostanziale differenza con le dignità proprie di altre nature e nel 30 si richiama l’indissolubile connessione dignità–libertà–responsabilità–volontà (sostanziata dal richiamo alla ineguagliata riflessione di Benedetto XVI).

Dalla quarta parte in poi, a fronte della ormai dimostrata “dignità infinita” «inalienabilmente fondata nel suo stesso essere» che «spetta a ciascuna persona umana, al di là di ogni circostanza e in qualunque stato o situazione si trovi», quale «principio, che è pienamente riconoscibile anche dalla sola ragione» e che «si pone a fondamento del primato della persona umana e della tutela dei suoi diritti», inizia l’esame delle sfide del quotidiano.

L’elenco, «lungo ma non esaustivo», è una traccia di esame di coscienza per la modernità. Certamente darà la stura a variegati commenti e distinguo e ciascuna scuola di pensiero troverà più rilevante un tema piuttosto che altri.

In questa lucida lista — il dramma della povertà, la guerra, il travaglio dei migranti, la tratta delle persone, gli abusi sessuali, le violenze contro le donne, l’aborto procurato, la maternità surrogata, l’eutanasia e il suicidio assistito, lo scarto dei diversamente abili, la teoria del gender, il cambio di sesso, la violenza digitale — le sfide sono esaminate una per una:

«Pur riaffermando il diritto inalienabile alla legittima difesa, nonché la responsabilità di proteggere coloro la cui esistenza è minacciata, dobbiamo ammettere che la guerra è sempre una “sconfitta dell’umanità” (n. 38).

«I migranti sono tra le prime vittime delle molteplici forme di povertà. Non solo la loro dignità viene negata nei loro Paesi, quanto la loro stessa vita è messa a rischio perché non hanno più i mezzi per creare una famiglia, per lavorare o per nutrirsi» (n. 40).

«La tratta delle persone umane deve anch’essa venire annoverata quale violazione grave della dignità umana. Non costituisce una novità, ma il suo sviluppo assume dimensioni tragiche che sono sotto gli occhi di tutti, ragione per cui Papa Francesco l’ha denunciata in termini particolarmente forti: “ribadisco che la ‘tratta delle persone’ è un’attività ignobile, una vergogna per le nostre società che si dicono civilizzate!”» (n. 41).

«La profonda dignità che inerisce all’essere umano nella sua interezza di animo e di corpo permette anche di comprendere perché ogni abuso sessuale lascia profonde cicatrici nel cuore di chi lo subisce: costui si sente, infatti, ferito nella sua dignità umana» (n. 43).

«Le violenze contro le donne sono uno scandalo globale, che viene sempre di più riconosciuto. Papa Francesco evidenzia questo fatto quando afferma che “l’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini…”» (n. 44).

«Già san Giovanni Paolo II riconosceva che “molto ancora resta da fare perché l’essere donna e madre non comporti una discriminazione. È urgente ottenere dappertutto l’effettiva uguaglianza dei diritti della persona e dunque parità di salario rispetto a parità di lavoro…”. Tra le forme di violenza esercitate sulle donne, come non citare la costrizione all’aborto, che colpisce sia la madre che il figlio, così spesso per soddisfare l’egoismo dei maschi? E come non citare pure la pratica della poligamia la quale – come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica – è contraria alla pari dignità delle donne e degli uomini ed è altresì contraria “all’amore coniugale che è unico ed esclusivo”?» (n. 45)

«La Chiesa non cessa di ricordare che “la dignità di ogni essere umano ha un carattere intrinseco e vale dal momento del suo concepimento fino alla sua morte naturale. Proprio l’affermazione di una tale dignità è il presupposto irrinunciabile per la tutela di un’esistenza personale e sociale. Proprio nel caso dell’aborto si registra la diffusione di una terminologia ambigua, come quella di ‘interruzione della gravidanza’, che tende a nasconderne la vera natura e ad attenuarne la gravità nell’opinione pubblica. Forse questo fenomeno linguistico è esso stesso sintomo di un disagio delle coscienze. Ma nessuna parola vale a cambiare la realtà delle cose: l’aborto procurato è l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita”» (n. 47).

«La Chiesa, altresì, prende posizione contro la pratica della maternità surrogata, attraverso la quale il bambino, immensamente degno, diventa un mero oggetto. A questo proposito, le parole di Papa Francesco sono di una chiarezza unica: “la via della pace esige il rispetto della vita, di ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre, che non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio”». (n. 48).

«Esiste un caso particolare di violazione della dignità umana, che è più silenzioso ma che sta guadagnando molto terreno. Presenta la peculiarità di utilizzare un concetto errato di dignità umana per rivolgerlo contro la vita stessa. Tale confusione, molto comune oggi, viene alla luce quando si parla di eutanasia. Ad esempio, le leggi che riconoscono la possibilità dell’eutanasia o del suicidio assistito si designano a volte come “leggi di morte degna” (death with dignity acts). È assai diffusa l’idea che l’eutanasia o il suicidio assistito siano coerenti con il rispetto della dignità della persona umana. Davanti a questo fatto, si deve ribadire con forza che la sofferenza non fa perdere al malato quella dignità che gli è propria in modo intrinseco e inalienabile» (n. 51).

«Un criterio per verificare una reale attenzione alla dignità di ogni individuo è, ovviamente, l’assistenza fornita ai più svantaggiati. Il nostro tempo, purtroppo, non si distingue molto per tale cura: in esso va imponendosi, in verità, una cultura dello scarto. Per contrastare tale tendenza, meritevole di speciale attenzione e sollecitudine è la condizione di coloro che si trovano in una situazione di deficit fisico o psichico» (n. 53).

«La Chiesa desidera, innanzitutto, “ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ‘ogni marchio di ingiusta discriminazione’ e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza”. Per questa ragione va denunciato come contrario alla dignità umana il fatto che in alcuni luoghi non poche persone vengano incarcerate, torturate e perfino private del bene della vita unicamente per il proprio orientamento sessuale» (n. 55).

«Nello stesso tempo, la Chiesa evidenzia le decise criticità presenti nella teoria del gender» (n. 56).

«Voler disporre di sé, così come prescrive la teoria del gender, indipendentemente da questa verità basilare della vita umana come dono, non significa altro che cedere all’antichissima tentazione dell’essere umano che si fa Dio ed entrare in concorrenza con il vero Dio dell’amore rivelatoci dal Vangelo» (n. 57).

«Essa vuole negare la più grande possibile tra le differenze esistenti tra gli esseri viventi: quella sessuale» (n.58).

«Diventa così inaccettabile che “alcune ideologie di questo tipo, che pretendono di rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili, cerchino di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini”» (n.59).

«“Il creato ci precede e dev’essere riconosciuto come dono. Al tempo stesso siamo chiamati a custodire la nostra umanità, e ciò significa anzitutto rispettarla e accettarla così come è stata creata”. Da qui deriva che qualsiasi intervento di cambio di sesso, di norma, rischia di minacciare la dignità unica che la persona ha ricevuto fin dal momento del concepimento» (n. 60).

«Il progresso delle tecnologie digitali, che pure offrono molte possibilità per promuovere la dignità umana, inclina sempre più alla creazione di un mondo in cui crescono lo sfruttamento, l’esclusione e la violenza, che possono arrivare a ledere la dignità della persona umana. Si pensi a come sia facile, tramite questi mezzi, mettere in pericolo la buona fama di chiunque con notizie false e con calunnie» (n. 61).

Alla vigilia di una mozione al Parlamento europeo per introdurre nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione il ‘diritto di aborto’, nei tempi che vedono presentate al Senato italiano cinque proposte di legge di legittimazione del suicidio assistito mentre cariche emerite tifano per l’eutanasia libera, di fronte alla pubblicizzazione nelle forme più suadenti e normalizzatrici della maternità surrogata, mentre ormai lo scarto dei disabili travalica anche l’indecenza, e ogni più assurda teoria sul sesso e la sessualità ha invaso le scuole e raggiunto persino i senati accademici, senza minimizzare gli altri temi presenti, pur tuttavia i paragrafi dal 47 al 60 appaiono decisivi.

In conclusione: «Con la presente Dichiarazione, la Chiesa ardentemente esorta a porre il rispetto della dignità della persona umana al di là di ogni circostanza al centro dell’impegno per il bene comune e di ogni ordinamento giuridico.

Il rispetto della dignità di ciascuno e di tutti è, infatti, la base imprescindibile per l’esistenza stessa di ogni società che si pretende fondata sul giusto diritto e non sulla forza del potere. Sulla base del riconoscimento della dignità umana si sostengono i diritti umani fondamentali, che precedono e fondano ogni civile convivenza».
Non ci facciamo illusioni: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Ma una voce ancora si è pronunciata, a noi spetta diffonderla nella sua indiscutibile rilevanza, consapevoli della drammaticità dell’ora presente.

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Ad maiorem Dei gloriam et socialem

Alleanza Cattolica in Ferrara