97. febbraio 2025

14. Febbraio 2025 IN HOC SIGNO 0

Cari amici,

con questo numero di IN HOC SIGNO proponiamo alla vostra lettura

• una attualissima riflessione della dott. Chiara Mantovani comparsa nei giorni scorsi sul sito nazionale di Alleanza Cattolica, che accosta il festival di Sanremo in corso alla approvazione della “legge” regionale toscana sul suicidio assistito, e

• un articolo della stessa bioeticista ferrarese comparso su Avvenire a presentazione del libro da lei scritto con Marina Casini, presidente del Movimento per la Vita, «Diritto di nascere. La legge 194 storia e prospettive». Il libro, pubblicato a inizio anno dalle edizioni ARES con prefazione di Marco Invernizzi, ha una prima parte di Chiara Mantovani dal titolo «Non solo 1978: un processo a onda lunga» e una seconda parte «Tutti uguali, tutte persone: il diritto alla vita e l’autentica tutela sociale della maternità» nella quale Marina Casini risponde alle domande di Chiara Mantovani.

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Sanremo non è in Toscana

di Chiara Mantovani

Emozione pura, fino a far sgorgare lacrime in professionisti dello spettacolo, gente che non ha per definizione le svenevolezze in tasca: la canzone di Simone Cristicchi “Quando sarai piccola” al Festival della Canzone italiana è preannunciata sui media e sui social come profondamente toccante fin dalla pubblicazione dei testi delle canzoni in gara, e poi alle prove. Alla fine, martedì 11 febbraio 2025, Giornata mondiale del Malato istituita da san Giovanni Paolo II nel 1992, memoria liturgica della Madonna di Lourdes, momento di “preghiera, riflessione e condivisione dedicato a chi vive la sofferenza e a chi opera quotidianamente al servizio della salute”, in prima serata TV –  tra un messaggio di Papa Francesco e una canzone finto pacifista come Imagine di John Lennon –  Quando sarai piccola” conferma le reazioni anticipate dagli esperti, commuove la platea, i conduttori e persino la sala stampa, che tributa un applauso scrosciante,  e diventa – suo totale malgrado – un tragico paradosso: poche ore prima il Consiglio Regionale della Toscana ha approvato il suicidio assistito, ha sdoganato nei fatti che l’eutanasia, ad esempio per i malati di Alzheimer, è un bene e un diritto.

Mentre a Sanremo ci si commuove per un figlio che promette di amare pazientemente la madre e di ripeterle fino alla fine ciò che viene dimenticato, in Toscana ci si assicura che – se ci sono i requisiti per “il suo bene” – quella mamma potrà raggiungere serenamente la ‘pace eterna’. Che strano modo di volere bene.

Giuridicamente ci penseranno i togati della Corte Costituzionale a decidere sulla competenza di una Regione a legiferare autonomamente su questo tema. Il che è certamente una sana preoccupazione.

Ma quel giudizio non entrerà nel merito del dilemma etico e, comunque, in Toscana si è fatto un altro passo verso la “normalizzazione” della morte come abitudine, come possibilità, addirittura come rimedio.  Non basta, all’etica, l’etichetta di legalità.

Se il cuore si muove, quando si toccano gli affetti veri delle persone reali, se una ‘canzonetta’ (direbbe Bennato) sblocca le lacrime di professionisti avvezzi a dominare un palco internazionale, siamo davvero sicuri che la morte procurata e scelta sia a misura del nostro amore?

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È tempo di riconoscere al concepito

il diritto di nascere

di Chiara Mantovani

Uno dei danni maggiori causati a un onesto confronto tra posizioni pro e contro l’aborto è aver volontariamente confuso le parti in causa, prendendo in considerazione come soggetto esclusivo la madre ed escludendo come “cosa” irrilevante il concepito. Al punto che nel linguaggio ordinario si parla di donna, dei suoi diritti e dei suoi desideri, mai del soggetto che è il destinatario dell’atto abortivo.

Chi è favorevole all’aborto non tollera alcun giudizio negativo sull’atto, invocando la difesa della libertà della donna; ma con questa visione riduttiva dell’intero contesto si bolla di moralismo anche il giudizio sull’atto e si difende una libertà di scelta come unico parametro, che addirittura esonera dalla valutazione stessa: se è tutto buono, nessuno può permettersi di valutare, e – per mettere al riparo la donna – si rincara la dose: non solo non è male ma è anche un suo diritto, ella è l’unico soggetto in grado di conoscere-decidere-giudicare il proprio atto. Questo sillogismo, molto pericoloso nella sua falsità, mi sembra la principale ragione per cui è necessario convincerci che gli atti umani possono (e devono) essere oggetto di giudizio razionale; solo da questo – e non dalle ideologie, dagli interessi elettorali, dalla tempesta emozionale o dalla propaganda culturale – discenderanno poi decisioni personali e sociali. Le prime riguarderanno il singolo e avranno un foro interno cui appellarsi: la coscienza. Le seconde avranno un luogo proprio – il potere legislativo – dove essere tradotte in regole valide per la società civile. Senza queste distinzioni, mi pare, ogni dibattito non potrà portare nessun frutto e resterà un confronto tanto necessario quanto impossibile tra posizioni inconciliabili, con danni enormi sia per la razionalità dei comportamenti sia per la legittimità delle leggi.

Anche per questo è bene parlare di aborto, per sottolineare il dato che volutamente è tacitato e, se emerge, è talvolta scandalosamente bollato di violenza: il primo e decisivo soggetto protagonista – che non fa, ma che è; non attore, bensì destinatario; non parlante, eppure esistente – è il concepito. Se anche si volesse tralasciare, come in queste riflessioni, l’annosa e spinosa questione della definizione filosofica e teologica del termine “persona”, non si può negare la natura umana del concepito. Non la si può negare biologicamente: il suo DNA è sufficiente a classificarlo senza tentennamenti. Persino nel caso in cui fosse difettoso non c’è spazio per dubbi: è un difettoso umano, il difetto non ne cambia la natura. Non la si può negare sociologicamente: tutta la popolazione mondiale è stata un embrione, non esiste individuo umano che non sia transitato nella sua esistenza dallo stato di appena concepito. Non la si può negare in nessuna alternativa metodologica che lo abbia generato: spontanea o meccanica, artigianale o sofisticata, romantica o violenta: l’umanità non dipende neppure dalle circostanze generative. Non la si può negare nella stessa considerazione di chi se lo ritrova – atteso o inaspettato – nella sua vita: nessun dubbio che stia per nascere un umano. A quale scopo, altrimenti, abortirlo? È un umano al quale, anche confusamente, ci si accorge di dovere un impegno, una presa in carico, un’assunzione di responsabilità.

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La prossima settimana, sabato 22 febbraio 2025 dalle ore 9,30 alle 12,30, si terrà a Ferrara (via Boccaleone n. 19) il convegno «Conservatori del futuro per la ricostruzione dell’Occidente».

Alleanza Cattolica in Ferrara invita tutti gli amici a partecipare!