n. 89. giugno 2024

12. Giugno 2024 IN HOC SIGNO 0

Cari amici,

con questo numero di IN HOC SIGNO vi proponiamo la relazione tenuta il 13 maggio 2024 — in occasione di un affollato incontro pre-elettorale organizzato da Fratelli d’Italia — dal dott. Massimo Martinucci sul tema del drammatico calo demografico.

* * *

Il problema della denatalità in Italia e in Europa

Se guardiamo una carta geografica del mondo, vediamo che l’Europa è una piccola parte, un’appendice dell’Asia, e in effetti occupa solo il 6,5 per cento delle terre emerse. Però l’Europa è la culla della civiltà occidentale e se ha una dignità di continente non è per la sua estensione geografica ma per altri motivi: per la sua storia, per la sua cultura, per le sue istituzioni, per la sua civiltà.

Nel mondo siamo circa otto miliardi di persone, in costante aumento, e anche tutte le proiezioni statistiche confermano che questo numero continuerà a crescere. Perché dunque sono qui a parlarvi di inverno demografico, di drammatico, anzi tragico, tracollo demografico?

Il motivo è che in Italia — e in tutta Europa — la popolazione cala, e in modo verticale. E con un andamento tale da avere la certezza che, andando avanti così, il processo sarà irreversibile. 

Ci si può chiedere se questo sia un problema. Gli europei saranno sostituiti pian piano da altri popoli — che problema mai sarà! —. La civiltà occidentale romano germanica, già in forte declino, scomparirà. Verrà sostituita da altre civiltà provenienti dall’Oriente o dai Paesi arabi.

Sembra che questo (tutto sommato) vada bene per una certa visione del mondo. E questo forse spiega anche la poca preoccupazione manifestata da una certa parte politica.

Ma questa visione del mondo non è la nostra, e se non vogliamo che lo diventi per forza, occorre fare qualcosa, e occorre farlo subito.

La questione demografica, nel mondo occidentale, non è UNA delle questioni ma è LA questione.

Il problema della casa, del lavoro, dell’immigrazione, dell’ambiente, sono tutti problemi gravi e da affrontare, ma sono tutti problemi contingenti. La crisi che colpisce la maternità e la natalità è strutturale, il che significa che se non lo si affronta subito e molto seriamente, il danno che ne deriverà sarà irreversibile.

Qualche numero.

Le donne in età feconda oggi in Italia sono circa 12 milioni. Tra quarant’anni è previsto che saranno 8 milioni.

Alla fine degli anni Sessanta in Italia abbiamo avuto ogni anno circa un milione di nati; si sono dimezzati nel 2008, circa cinquecentomila; nel 2022 si è arrivati a 393mila: in pratica quelli che negli anni Sessanta nascevano nelle due sole regioni di Piemonte e Lombardia; e la curva è ancora in calo. Si tratta del dato più basso di sempre, anche di quando la popolazione italiana era di molto inferiore!

Con questo andamento, in Italia i 59 milioni di oggi diventeranno nel 2070 meno di 48 milioni.

C’è di più: saranno 48 milioni di persone, la cui composizione sarà molto diversa di quella del passato, perché la percentuale di giovani e di anziani si sarà ribaltata, e questo evidentemente pone degli enormi problemi (sanità e assistenza, pensioni…).

Oggi gli ultra novantenni sono circa 800mila, ma si calcola che saranno nel 2070 circa due milioni e mezzo. Come si farà ad assicurare le cure e una vita degna a tutti? Come faranno quei pochi giovani che lavoreranno ad assicurare la pensione a tutti? Ecco che si fa strada inevitabilmente una mentalità eutanasica.

Occorrono giovani. Si dice che l’immigrazione risolverà tutto. Non è così. Anche facendo delle previsioni statistiche (EuroStat) in cui si ipotizza una immigrazione doppia di quella stimata come probabile, ebbene la popolazione continuerà ugualmente a calare. Il motivo è che gli immigrati semplicemente si adattano allo stile di vita che trovano qui. Alla seconda generazione il tasso di natalità si adegua a quello medio.

Un aspetto interessante — su cui poter studiare delle soluzioni — è quello che ci dicono le statistiche fornite dall’ISTAT sul rapporto tra il numero medio di figli per donna e il numero medio desiderato di figli per donna. Questi due dati li confrontiamo con un terzo, che è l’indice di natalità, cioè il numero medio di figli per donna. Quello che occorre per mantenere stabile la popolazione è 2,1. A fronte di questo 2,1, il numero medio di figli avuti dalle donne italiane è inferiore a 1,5, quindi molto meno. Ebbene, il numero medio di figli desiderati dalle donne italiane invece è, seppur di poco, superiore, circa 2,2. Questo che cosa significa? Che già così le donne italiane desiderano essere madri e che se questo desiderio venisse soddisfatto, il problema demografico sarebbe risolto. Immaginiamoci poi se le condizioni sociali, ambientali, economiche, lavorative, psicologiche (eccetera) migliorassero, e quindi lo facilitassero maggiormente!

Invece le cose stanno andando diversamente. Dal punto di vista economico: il PIL, (prodotto interno lordo, in pratica la ricchezza di un paese, calcolato dall’ISTAT mettendo insieme vari parametri economici) nel 2022 in Italia è stato circa 2000 miliardi di euro, ma si prevede che questi 2000 miliardi dopo vent’anni caleranno a 1550 e dopo quaranta a 1350.

Non ce lo possiamo permettere! Se le cose continuano così come previsto, e lo faranno, l’Italia andrà inevitabilmente in bancarotta.

Bisogna fare — e fare in fretta — mettendo in atto subito delle politiche a favore della natalità, e quindi a favore della famiglia, che è l’unica risorsa — e come tale va trattata, come una risorsa! — che può invertire la tendenza.

In Italia gli “esperimenti” più interessanti in tema di politiche a favore della famiglia e della natalità negli ultimi anni sono stati fatti in Trentino Alto Adige, e i primi risultati si cominciano a vedere in termini di aumento dell’indice di natalità, che non ha ancora raggiunto il 2,1 ma ci si sta avvicinando. Certo, c’è da investire molte risorse inizialmente, per esempio in termini di finanziamenti e facilitazioni a giovani coppie, o attraverso gli asili nido aziendali o le “tages mutter”, la promozione delle “banche del tempo” e altre misure simili che permettano alle mamme di lavorare.

Al convegno che ho organizzato lo scorso ottobre qui a Ferrara Pino Morandini — magistrato e uomo politico, uno dei massimi ideatori e realizzatori delle politiche familiari in Trentino — ci raccontava che due anni fa è stato approvato un provvedimento secondo cui a ogni coppia di giovani sposi viene dato dalla Regione un prestito di trentamila euro, da restituire a rate, ma questo debito viene dimezzato alla nascita del primo figlio e azzerato alla nascita del secondo. Ebbene, in un anno e mezzo il numero di famiglie con due o più figli è aumentato del 30%.

Alla lunga ogni soldo speso a favore della famiglia e della natalità ritorna, moltiplicato, in termini di risparmio nelle casse delle amministrazioni, perché ogni servizio svolto dalle famiglie, all’interno della famiglia — pensiamo per esempio all’assistenza agli anziani o ai disabili — è molto, ma molto, più economico rispetto a quello pubblico.

Prima regola dunque: assumere la mentalità di ritenere la famiglia una risorsa e non un fardello di cui farsi carico: è la famiglia che sostiene le amministrazioni pubbliche, e non il contrario.

A questo proposito è importante rendersi conto che le politiche a favore della famiglia, in un contesto come il nostro di denatalità, vanno rivolte non solo alle famiglie povere: questo è un approccio giusto, ma solo assistenziale. Accanto a questo va indossato un criterio perequativo: che il figlio lo faccia il figlio di un imprenditore o quello di un disoccupato, è comunque un bene per la società, per cui l’incentivo, non solo in termini strettamente economici ma anche di facilitazione per i servizi, per la compatibilità con il lavoro eccetera, va messo in atto comunque.

Il Comune di Ferrara in questi ultimi anni ha dato segnali importanti: a quello stesso convegno dello scorso ottobre — a cui oltre a Pino Morandini ha partecipato anche il direttore dell’ISTAT GianCarlo Blangiardo —  gli assessori Kusiak e Fornasini nei loro interventi ci hanno dato alcune notizie: che sono state abbattute del 60% le rette degli asili nido per tutti; resi gratuiti gli asili nido per chi dal 2019 ha preso la residenza nel nostro Comune; è stata azzerata la retta degli asili nido per i figli disabili; aumentato il contributo alle scuole private sotto forma di voucher direttamente erogati alle famiglie.

È qualcosa; la direzione è quella giusta, non è ancora abbastanza.

La gente non si aspetta dalla politica dei miracoli, ma segnali sì.

Indicare una direzione è dovere preciso degli amministratori e una responsabilità che essi non hanno il diritto di non assumersi.

Qualcuno ha detto che il politico pensa alle prossime elezioni, quello bravo pensa alle prossime generazioni. Mi permetto di suggerire agli amministratori di questa città di pensare, sì, alle prossime elezioni… ma solo per un altro mese. Poi, di pensare alle prossime generazioni.

Grazie.