Presentazione della Scuola di Educazione Civile
26 ottobre 1995
Prof. Leonardo Gallotta
PRESENTAZIONE
Buona sera a tutti e benvenuti alla prima lezione della Scuola di Educazione Civile promossa da Alleanza Cattolica in Ferrara. Poiché alcuni di voi non mi conoscono, mi presento immediatamente. Mi chiamo Leonardo Gallotta, sono docente di Italiano e Latino presso il Liceo Scientifico Statale “Antonio Roiti”di Ferrara e Direttore della Scuola di Educazione Civile. Direttore è un titolo che potrebbe parere altisonante, ma poiché tutti coloro che – fatta qualche eccezione – insegneranno in questa scuola appartengono alla stessa associazione, cioè Alleanza Cattolica, in realtà mi considero un primus inter pares e il termine più vero e sostanziale, al di là della pompa, dovrebbe forse essere quello di Coordinatore.
UN’IDEA PRENDE CORPO
L’idea di istituire e quindi di proporre un’attività impegnativa di questo genere è venuta l’anno scorso all’amico Dott. Massimo Martinucci che è ora il Segretario di questa Scuola. Ne abbiamo parlato, abbiamo fatto alcune riunioni e abbiamo deciso di tentare l’esperimento. Nel passato, per quasi un ventennio, come Alleanza Cattolica abbiamo organizzato, con una frequenza di due-tre all’anno, gli Incontri degli Amici di Cristianità che non solo hanno prodotto un certo interesse, ma hanno fornito categorie interpretative in ordine a fenomeni politici, sociali e culturali a tutte le persone che vi hanno partecipato. Alcuni amici, tuttavia, avevano fatto esplicita richiesta di andare oltre l’episodicità degli Incontri, avvertendo l’esigenza di una formazione caratterizzata da maggiore continuità. Abbiamo dunque pensato a qualcosa di diverso e questo qualcosa è però nato anche dal nostro desiderio di trasmettere ad altri, in spirito di servizio, il frutto dei nostri studi e del nostro impegno morale e intellettuale. E’ chiaro che, costituendo un esperimento, questa Scuola è suscettibile di modificazioni nel futuro. Pregi e difetti, anche grazie ai vostri giudizi e suggerimenti, li conosceremo solo quando avremo sperimentato la vitalità – tale è l’auspicio – di questi Corsi.
LA DENOMINAZIONE
La Scuola di Educazione Civile è stata presentata ufficialmente venerdì scorso dal Direttore di Cristianità Giovanni Cantoni e quindi potrei anche esimermi dal ritornare sull’argomento. Tuttavia alcune ulteriori informazioni mi paiono necessarie, a partire dalla scelta del nome. La dizione Scuola di Educazione Civile spetta – unicuique suum – all’amico Renato Cirelli. Perché Scuola? Giovanni Cantoni ci ha detto venerdì scorso che l’uomo, secondo la definizione aristotelica, è un “animale sociale”, un essere che non può non vivere in società, che non può non aggregarsi; ma ha anche aggiunto un aggettivo: l’uomo è un animale sociale tradizionale, che ha bisogno cioè, appena nato, soprattutto di protezione – altrimenti in brevissimo tempo morirebbe – e successivamente della trasmissione (dal verbo latino tradere, cioè trasmettere, da cui tradizione) di numerosissime informazioni che gli vengono fornite primariamente dalla madre e dal padre e poi da altri uomini. E’ vero che ciò avviene , pur con diverse modalità, nel resto del regno animale – anche se c’è una bella differenza, ad esempio, tra un insetto ed un mammifero – ma la creatura più fragile e più bisognosa in assoluto di tradizione è proprio l’uomo. Scuola sta dunque a significare lo strumento che serve per la trasmissione-tradizione e questo è il motivo della scelta del termine. Passiamo ora ad Educazione. Il sostantivo deriva dal Latino e-ducere che significa “tirar fuori” e differisce dal termine istruzione che pure deriva dal Latino instruere e che attiene all’ambito militare. Instruere aciem significa “schierare, disporre l’esercito”. Il verbo instruere rimanda però a qualcosa che viene sollecitato dall’esterno, mentre e-ducere rimanda a qualcosa che, sollecitato sì da qualcuno, deve “venir fuori” da colui che si dispone ad essere educato. Tra le azioni espresse dai due verbi c’è dunque una notevole differenza. Come insegnante di scuola pubblica spesso, direi quasi istituzionalmente, sono più istruttore che educatore, nel senso che devo fornire ai miei alunni quelle conoscenze tecniche e quelle nozioni che servono per apprendere una determinata materia. Questa è la funzione di base della scuola istituzionale. Certamente, tuttavia, nel trattare un autore o un movimento letterario, è importante il taglio e questo attiene alla libertà di insegnamento garantita dalla Costituzione. Ogni insegnante, nel dare il taglio alle sue lezioni, mette in campo i suoi valori morali e culturali e dunque, nel reticolo sociale in cui sono inserito – le mie classi – cerco anche di educare, cioè di far sì che gli alunni riflettano sulle tematiche e problematiche proposte, facendo emergere non solo le loro capacità, ma soprattutto la loro persona. Ebbene, nella Scuola di Educazione Civile, è ribaltata la modalità di insegnamento: l’e-ducere ha una prevalenza netta rispetto all’instruere. Terzo termine: Civile. Qualcuno di voi, rammentando forse una materia che è insegnata nella scuola pubblica avrebbe potuto pensare ad Educazione Civica. Abbiamo invece scelto intenzionalmente l’aggettivo civile, utilizzato proprio per segnalare una differenza. Il tipo di educazione che proponiamo non rimanda infatti assolutamente al citoyen della Rivoluzione francese, cioè al cittadino concepito dall’Illuminismo, al cittadino del mondo, di fatto un cittadino senza radici. Noi facciamo riferimento al civis. Potremmo dire al civis romanus ed aggiungervi anche christianus, perché a un certo punto della nostra storia si attua una civilizzazione dell’Europa che è una civilizzazione cristiana. Ed è così vasta e così penetrante che ne risulta una civiltà che è detta medievale, con l’utilizzo di un termine che non dice però assolutamente nulla della sua anima costitutiva, cioè la visione cristiana del mondo. Basti pensare che nei dialetti della nostra penisola – a tal punto è penetrata questa civiltà – dalle Alpi alla Sicilia si usa il termine cristiano per indicare semplicemente l’uomo: cristiano diventa sinonimo di uomo. Il termine civile vuol dunque rimandare alle radici, romane e cristiane, della nostra storia.
LAICI IMPEGNATI NEL TEMPORALE
La felicità vera e piena dell’uomo non è raggiungibile – ce lo dice Nostro Signore – in questo mondo, ma nell’altro. Ricorderete però che venerdì scorso Giovanni Cantoni ha fatto un riferimento alla possibilità di raggiungere un po’ di beatitudine anche qui sulla terra. Ciò comporta la necessità di conoscere qual è la natura dell’uomo, qual è la natura dell’uomo in quanto animale sociale, cioè dell’uomo che si aggrega, perché se non si conoscono queste cose le società degli uomini qui sulla terra, su questa terra, possono diventare degli inferni. Gli esempi? Sono costituiti da tutti quegli Stati che hanno pensato che la natura dell’uomo fosse diversa da come l’ha voluta Dio, hanno pensato che l’uomo fosse stato fatto male, hanno voluto modificare l’uomo o meglio fare una società in cui l’uomo potesse essere modificato. E allora se noi pensiamo ai regimi totalitari dell’Est, pensiamo ai milioni di persone uccise, pensiamo ai GULag, ci rendiamo conto che queste società sono diventate degli inferni per il fatto che non si è voluto riconoscere la natura dell’uomo qual è, si è voluto cambiarla e tutti coloro che non accettavano o non rientravano in questa nuova visione dell’uomo, venivano perseguitati, imprigionati, uccisi. E quando diciamo uccisi non intendiamo il singolo o i singoli dissidenti, ma milioni di persone, colpevoli soltanto di appartenere a una categoria sociale, di essere, ad esempio, kulaki, cioè piccoli proprietari terrieri. Dunque, è possibile un po’ di beatitudine in terra? è cioè possibile una condizione di vita serena e ordinata in cui sia garantito all’uomo non solo il soddisfacimento dei bisogni primari del corpo, ma anche di quelli dello spirito? Dante, nel De Monarchia, rammenta che il Papato e l’Impero hanno due funzioni distinte e complementari: il Papato deve pensare alla salvezza dell’uomo dal punto di vista spirituale, l’Impero deve invece pensare all’uomo dal punto di vista dei bisogni pratici della vita aggregata. Spetta cioè all’Impero promuovere una società che tenga conto della natura dell’uomo così com’è, cercando non di sopraffarla o di modificarla, ma di svilupparla. Dunque noi siamo dei laici impegnati nel temporale, ma non siamo certamente dei laicisti, siamo dei laici cattolici. E allora il nostro rapporto con la Chiesa qual è? E’ un rapporto di deferenza, di devozione, di totale accettazione del Magistero, di quello sociale in particolare. Nel temporale ci sentiamo tuttavia perfettamente e pienamente liberi di produrre l’azione che riterremo più utile e necessaria, perché – ripeto- noi sentiamo solo questo obbligo e questo vincolo: la conformità al Magistero sociale della Chiesa per far sì che le società possano produrre un po’ di beatitudine anche su questa terra che, post peccatum, è certamente una valle di lacrime, ma che non può e non deve assolutamente essere trasformata in un inferno.
UN’AQUILA, UN SIMBOLO
Dico tutte queste cose nella prima lezione e qualcuno di voi potrebbe chiedermi: ma quando si arriva alla Letteratura? Ritengo però, come Direttore della Scuola, che sia importante fornirvi una visione preliminare d’insieme, così da farvi capire lo spirito con cui saranno affrontati i singoli argomenti, le singole materie. Non posso dunque esimermi dal dire qualcosa sul simbolo di Alleanza Cattolica, l’associazione grazie alla quale è sorta la Scuola di Educazione Civile, vale a dire un’aquila nera con un cuore rosso sormontato dalla croce. Secondo quanto recita il Direttorio dell’Associazione “L’aquila è il simbolo dell’apostolo Giovanni che testimonia la volontà di essere figli della Madonna come l’Apostolo prediletto che ha riposato sul Cuore di Nostro Signore Gesù Cristo. Circa il cuore, dice Pio XII: ‘E’ nostro vivissimo desiderio che quanti si gloriano del nome di cristiani e intrepidamente combattono per stabilire il Regno di Cristo nel mondo stimino l’omaggio di devozione al Cuore di Gesù come vessillo di unità, di salvezza, di pace’. Circa la Croce sul cuore si rimanda ad un passo del Cantico dei Cantici, in cui parla la Sposa:”Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sopra il tuo braccio, perché forte è l’amore come la morte, tenace come l’Inferno la gelosia, vampe di fuoco son le sue vampe, le sue fiamme fiamme di Javhé”. Dopo di che potrei dire, dantescamente, parola non ci appulcro, ma, proprio per il discorso fattovi in precedenza, desidero proporvi qualche altro richiamo letterario. I sesti canti della Divina Commedia prendono in considerazione la piccola patria cittadina, Firenze, nell’Inferno, l’Italia nel Purgatorio e da ultimo, in Paradiso, l’Europa come insieme di nazioni cristiane regolate nella loro vita dall’Impero. Il sesto del Paradiso è l’unico canto di tutta la Divina Commedia costituito interamente da un monologo e il protagonista di tale monologo è Giustiniano. Perché proprio Giustiniano, famoso ai più per il Corpus Iuris Civilis? Perché, sia pur d’Oriente, Giustiniano è imperatore romano e cristiano e dunque è l’imperatore che rappresenta, diciamo così, il trait-d’union, tra quello che è stato l’Impero Romano e quello che è stata la costruzione della civiltà cristiana. Quindi Dante non vede soluzione di continuità, vede invece una provvidenziale prosecuzione da un mondo romano ad esempio capace – tramite i greci – di proporre, per l’elevazione morale dell’uomo, le quattro virtù cardinali, ad un mondo cristiano che le perfezionerà con le tre teologali. Se teniamo conto di ciò, la scelta di Virgilio come guida per l’Inferno e il Purgatorio non ci apparirà poi così strana, anche se l’humanitas pagana non sarà sufficiente per poter accedere al Paradiso. Sarà infatti Beatrice, simboleggiante la Grazia divina, a prendere il posto di Virgilio. Dunque è importante questo sesto canto del Paradiso non solo perché Giustiniano è romano e cristiano, ma perché in esso c’è un altro protagonista non umano: l’Aquila, quel “sacrosanto segno”, simbolo dell’Impero, di cui ci parla Dante. Con questo richiamo letterario ho voluto dirvi che cosa sentiamo, io e gli amici qui presenti, quando pensiamo a questo nostro simbolo. E’ dunque un’aquila dantesca, un’aquila simboleggiante quell’Impero, istituzione super partes, il cui compito fondamentale è promuovere e garantire la Pace, condizione indispensabile per lo sviluppo di una società ordinata e civile.
UNA PROPOSTA PER TUTTI GLI UOMINI DI BUONA VOLONTA’
La nostra azione nel temporale è un’azione da laici e qualcuno potrebbe anche obiettare sul fatto che nella denominazione della Scuola non c’è alcun termine che richiami il cristianesimo. Avremmo potuto chiamarla “Scuola di Educazione Civico-Cristiana”. L’abbiamo invece chiamata Scuola di Educazione Civile non perché non siamo cristiani, non perché non siamo cattolici – venendo in questa sede voi avete visto i segni cristiani- ma perché il nostro insegnamento è volto anche a tutte quelle persone che, pur non praticanti, condividono molta parte di ciò che insegna la Dottrina Sociale della Chiesa. Quando me ne è data occasione, ricordo sempre la divisione in due tavole dei Dieci Comandamenti. I primi tre – la prima Tavola – attengono alla sfera religiosa, ma a partire dal quarto per arrivare fino al decimo – la seconda Tavola – si tratta di comandamenti che la ragione e il senso comune possono ritenere come validi e fondamentali per lo sviluppo di una società ordinata che tenga conto della natura dell’uomo. E dunque questa nostra Scuola è rivolta non solo ai cristiani, ma a tutti gli uomini di buona volontà che sono implicite cristiani, a tutti coloro che ritengono che ci siano valori che è necessario ancora oggi trasmettere. Una volta si diceva che accanto ai cattolici praticanti esistono anche i cattolici cosiddetti “di civiltà”. Dunque la nostra Scuola è aperta anche a costoro, anche a coloro che forse non hanno o hanno perso la Fede, ma che hanno principi e comportamenti che sicuramente testimoniano, nel sociale, l’adesione alla seconda Tavola della Legge.
IL CORPO DOCENTE
Quanto detto finora non ha avuto altro scopo che questo: farvi comprendere che le diverse discipline insegnate in questa Scuola non saranno slegate fra loro, perché volte soprattutto ad educare e non a fare sfoggio di specialistica erudizione. Quest’anno io mi occuperò di Letteratura – e già qualche piccolo accenno letterario l’ho fatto questa sera – mentre l’amico dott. Massimo Martinucci si occuperà di nuove religioni, in veste di collaboratore del CESNUR (il Centro Studi Nuove Religioni), di cui è Direttore Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, che è considerato una delle autorità mondiali in questo campo. Di Storia si occuperà l’amico Renato Cirelli, autore di vari articoli e saggi, che ha attualmente in preparazione un libro sui rapporti tra Stato e Chiesa nel Risorgimento. L’amica dott. Chiara Mantovani, presidente provinciale dell’Associazione Nazionale Medici Cattolici, si occuperà di Bioetica, disciplina in cui è perfezionanda presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. L’unico esterno, ma anche lui della nostra stessa associazione, sarà il dott. Luciano Benassi di Modena, laureato in Fisica, autore di vari studi storico-scientifici, con particolare riguardo al rapporto Scienza e Fede. Qualche amico ha lamentato che coetera desiderantur e che una Scuola, per dirsi tale, dovrebbe avere anche un Corso di Filosofia. Ebbene, io dico a questi amici che hanno pure ragione, ma che noi abbiamo organizzato questa Scuola partendo soprattutto dalle nostre forze, anche perché – sia detto per inciso – non godiamo di nessun finanziamento, né pubblico né privato. E’ vero che il ventaglio delle discipline non è ampio come si vorrebbe, è vero che “nemo propheta in patria”, ma è anche vero – di ciò siamo convinti – che un’azione di tipo culturale ben condotta può, alla lunga e a Dio piacendo, produrre frutti insperati.
IL FILO DELLA TRADIZIONE NON DEVE ESSERE RECISO
Mi rimane ben poco tempo per cominciare il Corso vero e proprio di Letteratura. Spero che ciò che ho detto abbia chiarito almeno un po’ lo spirito con cui, anche a livello settoriale, verranno tenuti questi Corsi. Il nostro scopo infatti -ho detto e ripeto-, è quello di dare omogeneità culturale alle diverse discipline. Se così non fosse, avremmo una frammentazione di saperi e di specializzazioni che è, in qualche modo, la caratteristica della scuola secondaria superiore ed anche dell’Università. D’altronde, laddove è prevalente l’instruere rispetto all’e-ducere non può che essere così. Nella Scuola di Educazione Civile utilizzeremo categorie generali di interpretazione che ci aiuteranno a comprendere, nei vari ambiti disciplinari, alcune fondamentali tappe di un percorso che arriva ai giorni nostri, percorso che ci mostrerà l’ampiezza di una crisi per cui oggi non si trasmettono più valori, per cui oggi sembra non esistere più tradizione. Diceva l’altra sera Giovanni Cantoni che spesso incontriamo persone che lamentano questa mancanza di trasmissione nella Scuola pubblica, nei mass-media, persino nei Corsi di Catechismo organizzati dalle Parrocchie. E tuttavia, rivolto ad un immaginario interlocutore, chiedeva:”Ma tu che cosa insegni? O meglio: hai qualcosa da insegnare? da trasmettere? hai delle risposte da dare?”. Qualsiasi figlio oggi chiede e vorrebbe delle risposte, si pone dei problemi e vorrebbe delle soluzioni. Questo sarà dunque il compito della nostra Scuola di Educazione Civile. Noi ci sforzeremo, assieme, di dare delle risposte, perché il filo della Tradizione non venga interrotto, non venga reciso. Se riusciremo a far questo non saremo – l’espressione fu usata per la prima volta da Pio XII – solitari “uomini tra le rovine”, non penseremo orgogliosamente di essere gli unici “veri uomini” tra le rovine, ma con pazienza, avendo cura di non recidere quel filo, cominceremo mattone dopo mattone a ricostruire e, se tutto sarà basato sui principi che vi ho detto, alla fine sarà possibile la costruzione anche di una Cattedrale.