45. Ottobre 2020
Cari amici,
negli ultimi due numeri di IN HOC SIGNO vi abbiamo inviato la relazione svolta dall’ing. Lucia Martinucci alla riunione del Circolo di Cristianità tenuta nella nostra sede di via Boiardo nel febbraio di quest’anno.
A quell’incontro era presente anche il dr. Antonio Antonioni, che ha in seguito accettato di mettere per iscritto le interessanti ed appropriate riflessioni svolte in quell’occasione.
Ringraziandolo per la disponibilità proponiamo il suo testo alla vostra lettura.
ECOLOGISMO E TEILHARDISMO
di Antonio Antonioni
L’interessante esposizione di Lucia Martinucci sull’ideologia ecologistica, apparsa nei numeri precedenti di questa rassegna, mi dà lo spunto per un pensiero: se sia stato casuale che abbia quell’ideologia trovato tanto benigna accoglienza, recentemente, in ambito ecclesiastico, nonostante i suoi aspetti panteistici (culto più o meno simbolico della madre Terra, assorbimento di Dio e dell’uomo in un animismo universale); ovvero se abbia influito in ciò, preparando per così dire il campo, una dottrina che si era affermata già da molto tempo. Parlo del teilhardismo (parola usata, come vedremo subito, dal Maritain), enormemente diffuso nel mondo cattolico, nonostante qualche opposizione del magistero, dai «discepoli del teocosmologismo confusionale e poetico di Teilhard de Chardin» (R. Amerio). Non esitò ad affermare il gesuita francese (1881-1955), come riporta l’Amerio, «que le grand fait religieux actuel est l’éveil d’une Religion nouvelle qui fait, petit à petit, adorer le Monde…».
Del teilhardismo dunque che cosa dice Maritain? Mi pare utile esaminarlo. Distingue dapprima questa «popularisation fanatique d’une grande pensée passionnée» (J. Maritain, Le paysan de la Garonne, Paris 1966, p. 172), duramente biasimata nel paragrafo che ha per titolo assai significativo Le besoin de fables ou de la fausse monnaie intellectuelle, dalla grande onestà, purezza e pietà del nobiluomo alverniate, da lui conosciuto personalmente, e dalla sua autentica “grande pensée”; sulla quale pure poi, a poco a poco, si estende il biasimo («les idées qu’il a mises en circulation», sottolineatura mia, p. 173; «en fait de doctrine, nous nous trouvons là… dans le régime de la Grande Fable», p. 178) benché temperato talvolta da una finezza gallicana di jeux d’esprit, un esempio a p. 173: perché in quella sua Compagnia così piena di sapienza non l’ha aiutato nessun buon filosofo o buon teologo? Cattivi! pensa il lettore; ma… «peut-être ne le souhaitait-il pas»! Arrivando anche a un’ambiguità non priva d’ipocrisia: «je n’ai guère aimé… la façon dont ses papiers circulaient anonymement dans le séminaires» (p. 174: era meglio se giravano non anonimi, o se non giravano affatto?).
Riferisce quindi, accogliendole, anzi talvolta rincarando la dose (p. 175, nota 1) le critiche rivolte a Teilhard da E. Gilson (in Seminarium, n. 4/1965, p. 720 ss., dove pure si rende omaggio all’onestà dell’uomo): confusione inestricabile di scienza, fede, mistica, filosofia, teologia; la quale teologia è gnostica, è come tutte le gnosi una fantateologia (theology-fiction, definizione del teilhardismo rimasta celebre); a somiglianza dei miti bizzarri degli gnostici antichi, anch’essa ha una sua cosmogenesi, e la rappresenta come Cristogenesi, creazione della Cristosfera, ordine che corona la noosfera umana (ecco il gusto del neologismo patetico, proprio di tutte le gnosi); metacristianesimo che vuole una «généralisation du Christ-Rédempteur en un véritable Christ évoluteur», «élévation du Christ historique à une fonction physique universelle», tutte frasi di Teilhard; e Gilson: «Note: élévation!». E come l’essere uomo vuol dire essere stato il cosmo stesso nel suo immenso processo di ominizzazione, così l’incarnazione del Verbo fatto uomo significa ch’Egli si è fatto pure mondo: sembra esser questa la sua generalizzazione, così interpreta Maritain nel tentativo di dare a quell’immaginazione grandiosa un senso (dice) almeno pensabile, se non intelligibile (p. 181). Si tratta (altre frasi di Teilhard) di «panchristiser l’Univers» e da questa trasformazione il Cristo esce «incroyablement grandi». Ma se questo Cristo cosmico non è più quello del Vangelo, come lui stesso si domanda, la sua costruzione non riposa su niente (p. 183). Per fortuna, continua Maritain, nel concilio Vaticano II la gnosi teilhardista col suo metacristianesimo non ha avuto il minimo riscontro né il minimo incoraggiamento.
Più sotto, nella digressione sur la mission temporelle du chrétien (p. 289 ss.) ritorna sul cosmocristismo sottolineandone l’aspetto messianico, una sorta di replica del materialismo dialettico di Marx. Altra citazione: «l’homme… est appelé à une oeuvre divinisatrice par où il accomplira pleinement et totalement le destin du monde dans la gloire du Ressuscité»(sottolineature mie). Dunque radicale evoluzionismo e immanentismo, e questo lo sapevamo già; ma altrettanto radicale divergenza dal futuro postumanesimo ecologistico, con l’idea dell’uomo “cancro dell’universo”, che è pure gnosticismo ma di segno opposto: mentre qui, nota Maritain, siamo nella stirpe del cartesiano «maître et possesseur de la nature», dell’uomo divino di Feuerbach, del mito del progresso e della tecnolatria totalitaria, e ovviamente del prassismo marxista (cf. p. 338: «la titanisation de l’effort humain est la grande idole de notre temps»; e a p. 385 sottolinea implacabilmente l’ammirazione del Teilhard pei regimi politici totalitari di destra e di sinistra). Contro queste «perspectives si aberrantes»ribadisce Maritain la missione del cristiano di collaborare, con le sue povere forze e l’aiuto soprannaturale della Grazia, all’avvento di un Regno che non è di questo mondo.
Infine due delle quattro appendici del Paysan contengono discussioni più minute sul teihardismo, che qui non è il caso di riferire, in parte tratte da studi di C. Tresmontant e Ch. Journet. Dal secondo basti riprendere questo cenno: le nozioni di Creazione, Spirito, Male, Dio, Peccato originale, Croce, Risurrezione, Parusia, Carità, se trasposte in termini di Cosmogenesi, dice Teilhard, «s’éclaircissent et cohèrent d’une façon stupéfiante». E Maritain: «Mgr Journet a bien raison de noter qu’alors il faudrait leur dire adieu».
Che dire insomma dopo tanti anni? c’entra qualcosa l’ecologismo odierno? Direi, pur lasciando il giudizio agli esperti non essendo nè teilhardologo nè maritainologo (se c’è chi spara neologismi a mitraglia, ne sia concesso un paio, per quanto bruttini, anche a me), direi che hanno le teorie sopra descritte, nella loro gran diffusione favorita dall’entusiasmo lirico ad esse proprio, contribuito a determinare un certo penchant immanentistico e panteistico che si è fatto sentire sia pure in direzioni non ben definite e anche contraddittorie; essendo evidentemente inconciliabile l’opposizione tra il messianismo umanista della modernità, di cui una delle espressioni è il teilhardismo, e il messianismo antiprogressista della postmodernità ecologistica; ma una così fondamentale differenza nella superficialità della propaganda ideologica potrebbe anche non apparire.
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Ad maiorem Dei gloriam et socialem
Alleanza Cattolica in Ferrara