Costantino

20 ottobre 2005

Carlo Martinucci

Costantino

 

Nasce a Naisso nel 272-273 in Illiria (l’attuale Dalmazia). Anche suo padre, Costanzo Cloro, era nato lì un ventennio prima. Costanzo Cloro è l’esempio di una brillante carriera militare riuscita, ottenendo incarichi sempre più alti e distinguendosi per merito e capacità. La madre di Costantino, sant’Elena, era una stabularia, ossia si occupava di cavalli in una stazione dove si cambiavano i cavalli e serviva in un’osteria. Abbiamo informazioni su di lei da una fonte sicura: da Sant’Ambrogio, che parla di lei e del suo lavoro in occasione di un discorso funebre, per accentuare i suoi meriti nell’affermazione del cristianesimo; si deve a sant’Elena, tra l’altro, il famoso ritrovamento del legno della Croce. Le vicende di Cloro ed Elena apparvero all’inizio nella norma, anche perché l’unione, seppur non formalizzata, appariva come un’occasione per una ascesa sociale. Però poi Costanzo fu nominato prefetto del pretorio, che era la carica militare più importante e più alta, e si sposò con Teodora, che era la figlia di un tetrarca.

Due parole sulla tetrarchia: nel 284 Diocleziano, imperatore romano, si rende conto che l’Impero è troppo grande per essere governato da un solo sovrano, e decide di dividere la responsabilità con un compagno d’arme. Presto però si resero conto che anche due sovrani erano insufficienti, dunque scelsero altre due persone sottoposte, dividendo l’Impero in quattro parti. La scelta della tetrarchia doveva nell’intenzione rendere più sicure e stabili le frontiere e garantire successioni non traumatiche: ma la cosa non si verificò.

Costanzo fu dunque nominato Cesare, cioè vice imperatore, e successore dell’Augusto e abbandonò Elena, il rapporto con la quale sembrava non poter giovare alla sua carriera. È in questo modo che Costantino passa i primi anni di vita, anche se della sua infanzia e adolescenza non si hanno informazioni, cioè in un ambiente militare, crescendo sotto la condizione di figlio di una moglie ripudiata da una delle massime autorità dell’impero: occorreva essere una persona con un forte carattere ed una grande determinazione per sopportare una simile situazione.

Quando suo padre Costanzo Cloro va in Britannia, anche lui lo segue ed inizia a distinguersi per le capacità militari. Nel 303 si ha una svolta: Diocleziano decide di abdicare, assieme all’altro Augusto, sostanzialmente per mettere alla prova il meccanismo di successione. Suo padre divenne dunque un Augusto, altri due Cesari vennero nominati. Pochi anni dopo però, mentre erano ancora in Britannia, suo padre morì improvvisamente e dato il successo che aveva riscosso Costantino fra i soldati, questi lo nominarono immediatamente Augusto al posto del padre. Questo portò alla guerra civile, poiché era un incarico che a Costantino non sarebbe dovuto spettare.

Costantino diede prova in questa guerra di grande abilità politica e militare, fino al 312 quando Massenzio e Costantino si scontrarono presso Ponte Milvio, a qualche chilometro da Roma. Lo scontro era decisivo per entrambi, la posta in palio infatti era il governo dell’Impero.

Ora, che cosa accadde esattamente prima della battaglia? Le fonti discordano su questo punto: Lattanzio ci dice che nel sonno Costantino fu esortato a far contrassegnare gli scudi dei suoi soldati con un segno, la X greca, ad indicare Cristo.

Un altro storico, Eusebio di Cesarea, dice invece che Costantino avrebbe visto nel pomeriggio un segno nel cielo, una croce di luce e la scritta “In hoc signo vinces“, in questo segno vincerai, e che la notte successiva Cristo gli ordinò di aggiungere quel segno agli stendardi. Non sappiamo quanto di vero ci sia in questo e nemmeno quanto profonda fosse l’adesione di Costantino al Cristianesimo, tanto che per parecchio tempo ancora l’Imperatore continuerà a coniare sulle monete il sole invitto: comunque la sua politica fu molto prudente ed equidistante, imperniata comunque alla pace religiosa. Da questo punto di vista un capolavoro di ambiguità religiosa è l’iscrizione sull’arco di trionfo (tra il Foro e il Circo Massimo) del 315:

“All’imperatore Cesare Flavio Costantino, Massimo, Pio, Felice Augusto, il senato e il popolo romano dedicarono l’arco insigne per il trionfo, perché per ispirazione divina e in virtù della grandezza del suo sentire insieme con il suo esercito estirpò con una giusta guerra dallo stato l’usurpatore e i suoi seguaci”

In ogni caso, appena preso possesso della carica imperiale emanò uno degli editti più importanti per i cristiani, l’Editto di Milano:

“Essendoci incontrati a Milano io Costantino Augusto e io Licinio Augusto abbiamo giudicato che fra tutti gli atti giovevoli agli uomini ed ossequiosi verso la divinità questo bisognasse compiere prima di ogni altro: dare ai cristiani e a tutti piena libertà di seguire ognuno la religione che voglia affinché quanto è divino nella sede celeste si rivolga placato e propizio a noi e a tutti i nostri sudditi”.

È opportuno spendere due parole su questo editto. I criteri ispiratori dell’editto sono due: gli atti giovevoli agli uomini, dunque l’utilitas, e gli ossequi verso la divinità, cioè la pietas, che erano due aspetti fondamentali per chi comandava al tempo dei romani. Ancora: “questo bisognasse compiere” indica un dovere etico, quello di dare libertà ad una cosa che egli stesso aveva provato essere vera. Dunque nel momento in cui Costantino scopre una cosa essere vera, che egli ci creda, non ci creda, aderisca completamente o no, in ogni caso gli corrisponde il dovere di riconoscerla, cioè di ammettere la libertà di seguirla.

Le scelte di Costantino di agevolare i cristiani non si fermano qui, anzi egli stesso promulga numerosi editti in favore dei cristiani; ad esempio rimuove ogni dovere dei “chierici”, cioè degli uomini votati a Dio, nei confronti dello stato, adducendo che “se loro realizzano il loro alto servizio verso Dio, sono della massima utilità per lo stato”. In una lettera privata ad un governatore provinciale si legge invece della volontà di restituzione di territori, appartenuti alla Chiesa ed in mano ad altri all’epoca, alla Chiesa stessa, invitando anche l’interlocutore ad agire rapidamente e con efficienza. Bisogna però ricordare che non venne mai meno in Costantino un’asprezza e un carattere durissimo, per quanto filocristiano.

Nel 325 fu convocato un concilio dei vescovi, a Nicea, per contrastare l’eresia diffusa da Ario, un prete alessandrino che sosteneva la subordinazione del Figlio rispetto al Padre e la sua creazione. Il concilio presieduto da Costantino rigettò con forza queste tesi, ed anzi in questa sede fu composto il Credo, che appunto viene chiamato Credo Niceano, in cui viene ribadito “generato, non creato, della stessa sostanza del Padre” proprio in contrasto alle tesi ariane. Costantino stesso introdusse il concilio, facendo un discorso in cui ancora una volta esprimeva la preoccupazione e la volontà di risolvere senza contrasti tutte le divergenze, temendo l’ira di Dio. In realtà il concilio, pur gettando saldi basi per la fede, non risolse la già avviata diffusione delle tesi ereticali ariane.

Nel 337 si avvicinava per Costantino il momento della morte e si trattava dunque di compiere l’ultimo passo: ricevere il battesimo. All’epoca infatti ricevere il battesimo prima della morte era garanzia della vita eterna, come una sorta di perfetta confessione: significativo che dopo il battesimo Costantino non indossò più la porpora ma aspettò la morte vestito di bianco.

Restano comunque tracce di ambiguità su questa grandissima figura: infatti, per esempio, Costantino moriva mantenendo formalmente la carica di capo supremo della religione pagana. Ma certamente i suoi atti di governo, che fanno del Cristianesimo una religione lecita e legittima, segnano un evento decisivo per il riconoscimento della Libertas Ecclesiae e per l’inizio dello sviluppo della civiltà cristiana.

 


Lascia un commento